Ivan Graziani
BIOGRAFIA
Scomparso nel 1997, i fan attendono anche per lui la solita ondata di “rivalutazione” che puntualmente tocca quegli artisti di valore poco o punto considerati quando erano in vita, magari in favore di ben più mediocri strimpellatori. Eppure l’abruzzese (ma di madre sarda) Ivan Graziani, nato a Teramo il 6 ottobre 1945, ha sfoderato una serie di canzoni di grande cantabilità e di indimenticabile tenerezza espressiva (si veda la serie di titoli dedicata a nomi di donna).
È probabile che, come in tutte le cose, anche in questo caso un destino un po’ malevolo ci abbia messo il proverbiale zampino. Dopo aver masticato musica fin da piccolo – in particolare il rock – Ivan Graziani fonda negli anni ’60 il gruppo degli “Anonima sound”, dopo il diploma di arti grafiche preso più per dovere che per convinzione. Con il gruppo partecipa al Cantagiro del 1967 con il brano “Parla tu”, classificandosi ultimo; i ragazzi si rifanno però l’anno dopo con “L’amore mio, l’amore tuo”, che ottiene un buon piazzamento nella sezione complessi. Ivan riesce infine ad incidere, sempre con il suo gruppo, cinque 45 giri di mediocre successo. L’esser però riuscito ad entrare nel mondo della musica a livello professionistico gli apre le porte a numerose collaborazioni.
Nel 1974 inizia finalmente la carriera di cantautore solista con l’LP “La città che io vorrei”, e due anni dopo sono sue le chitarre nell’album di Lucio Battisti “La batteria, il contrabbasso, eccettera”. Ed è proprio il grande Battisti il primo a credere in lui. Sempre nel 1976 esce un disco pubblicato dalla casa discografica Numero Uno, proprietà del duo Mogol-Battisti: “Ballata per 4 stagioni”. Le vendite purtroppo sono ben inferiori alle aspettative.
L’anno seguente Ivan Graziani ci riprova e il dolce brano “Lugano addio” trova i primi riscontri tra il pubblico, che così lancia di fatto l’album “I lupi”. È la sua prima vera gratificazione, con quasi diecimila copie vendute.
Nel 1978 ancora un nuovo album, “Pigro”, quello della consacrazione: le canzoni “Monna Lisa”, “Pigro” e “Paolina” sono veri e propri tormentoni, riproposti in continuazione dalle radio del periodo. Sono questi gli anni in cui il tenero Ivan Graziani è sulla cresta dell’onda, gli anni in cui il pubblico lo segue con quella fedeltà poi scemata nel decennio successivo. Nel 1979 “Agnese” diventa un hit, mentre nel 1980 “Firenze (Canzone triste)” rende Ivan Graziani la stella musicale del momento. Gli ingaggi per lui si sprecano. Viene chiamato a comporre la colonna sonora de “Il grande ruggito” e nel 1981, oltre a produrre “Seni e coseni”, compare nel film “Italian boys”.
Arrivato in vetta, da qui comincia la sua lenta parabola discendente. I suoi successivi lavori, “Ivan Graziani” e “Nove”, sono indubbiamente album di pregio, che però stranamente non ottengono il consenso sperato. Inizia una fase un po’ oscura e poco produttiva: il mediocre “Piknic” del 1986 ne è la prova evidente (si possono salvare soltanto il rock di “Sola” ed il classico lento “Rosanna non sei tu”), anche se qualche anno dopo il cantautore pare risorgere fortificato e ancora pieno di idee, come testimonia il bellissimo “Ivangarage”. Il pubblico però pare averlo proprio abbandonato.
I giovanissimi lo scoprono con “Maledette Malelingue” nel Festival di Sanremo del 1994, a cui Ivan aveva già partecipato nell’edizione del 1985 con “Franca ti amo”: le vendite dei sui dischi permangono su cifre non certo entusiasmanti. Bisogna dire che Graziani era un artista che non ha mai cercato la popolarità a tutti i costi, né ha mai “inquinato” il suo lavoro artistico abbracciando logiche smaccatamente commerciali. Come cantautore è sempre rimasto legato alla sua poetica, usa a raccontare la realtà della provincia. Una tematica forse non di grande effetto ma sicuramente vera e genuina.
Il giorno 1 gennaio 1997 il cantautore, non ancora cinquantatreenne, si è spento nella sua casa di Novafeltria colpito da un male incurabile.